CHI È IL SECONDO SORVEGLIANTE IN MASSONERIA E QUALI SONO IL SUO RUOLO, LE SUE PREROGATIVE? Dopo il nostro articolo sulla figura del Maestro Elemosiniere-Ospitaliere, proponiamo in lettura alcune riflessioni intorno a quella del Secondo Sorvegliante, altra Carica essenziale per la ritualità massonica. Come la precedente, ci permette di illustrare alcuni aspetti fondamentali del Lavoro iniziatico.

Gioiello del Secondo Sorvegliante raffigurante la Perpendicolare, o Filo a piombo.
REGOLARE, SORVEGLIARE: CHE COSA?
Il Primo e il Secondo Sorvegliante in Massoneria costituiscono assieme al Venerabile Maestro la triade delle cosiddette “Luci di Loggia”, la cui principale funzione è quella di regolare e sorvegliare il Lavoro svolto durante la Tornata rituale dalle Sorelle e i Fratelli che vi prendono parte.
Una prima riflessione importante è comprendere cosa significhi e quale sia la necessità di “regolare” e “sorvegliare” il Lavoro massonico: per fare questo, bisogna prima indagare brevemente la natura stessa di questo Lavoro, ben diverso da ciò che nel mondo ordinario s’intende con questa parola.
Seppure originato dal lavoro manuale (quello dei muratori nel cantiere delle grandi architetture sacre del Medioevo), quello massonico attuale si caratterizza precipuamente per la mancanza di un prodotto materiale finale e per il fatto di essere di natura prevalentemente energetica, sottile, interiore e spirituale. Il Maestro Massone è infatti un progettatore di idee, un trasmettitore di libero pensiero, un ricettore ed elaboratore di energie, concezioni, emozioni…
Regolare, sorvegliare questa tipologia complessa di Lavoro immateriale presuppone modalità ben diverse, più sofisticate, rispetto a una semplice operazione di regolazione esteriore di azioni, come nel caso di chi sovrintende a un lavoro materiale. In questo senso, il Rituale massonico stesso pone dei limiti e offre delle direzioni operative ben precise, costituendo un supporto ineludibile.
Quel che si può dire, in linea generale, è che, essendo il Lavoro massonico un lavoro prettamente “energetico”, ha necessità di avere delle guide che governino, regolino, organizzino tali energie (rappresentate sia dai membri stessi della Loggia in quanto individui sia dalla Loggia in quanto unità sovra-individuale) in maniera ordinata, coerentemente con l’ambito rituale unicamente nel quale quel Lavoro può aver luogo.
La parola «rito» deriva, non a caso, da una radice indoeuropea che veicola il significato di “ordine cosmico”, “movimento ordinato” e che è alla base delle parole greche «armonìa» e «arithmòs» (“numero”) e di quelle latine «ars» e «ritus». E, sempre non a caso, i ruoli o funzioni della Loggia che governano queste energie in movimento nello spazio sacro vengono dette Cariche, come quelle energetiche di un circuito magnetico o elettrico.
Come si può facilmente capire, sorvegliare non ha nulla a che vedere con quell’operazione “di polizia”, di controllo occhiuto, che il termine può suscitare di primo acchito: semmai, si tratta più che altro di una necessaria regolazione del flusso di energie prodotto dalla circolazione del libero pensiero, della parola e delle emozioni che è possibile vivere ed esperire all’interno dello spazio sacro.
Ai Sorveglianti, come pure al Venerabile Maestro, sono associate tre Luci simboliche (e perciò queste tre cariche sono dette “Luci di Loggia”), rappresentanti tre princìpi fondanti che regolano la condotta stessa di tutto il Lavoro che si svolge in Tempio, durante una Tornata rituale: esse corrispondono alla Bellezza, alla Forza e alla Saggezza. Questi tre princìpi devono illuminare il Lavoro, costituendone il presupposto, il fondamento e, almeno in un certo senso, lo scopo. Essi orientano e governano la qualità di quel Lavoro, così come facevano nella dimensione anche materiale del cantiere delle cattedrali medioevali, laddove la mano dello scalpellino era guidata dalla forza, quella del figurista dall’ideale di bellezza e quella dell’architetto dalla saggezza progettuale.
Passando a una dimensione più concreta ma assolutamente coerente con quanto detto finora, i due Sorveglianti hanno delle funzioni pratiche ben specificate nel Rituale massonico e che si possono così riassumere: responsabilità della chiusura «ermetica» (da intendere nel suo senso simbolico) dello spazio sacro, del riconoscimento della legittimità iniziatica di coloro che prendono parte al Lavoro, del regolamento della circolazione della parola nello spazio sacro e nel tempo rituale.
La parola «tempio» deriva dal verbo greco tèmno, che significa “taglio”: il tempio (non solo quello massonico, ma di qualsiasi via iniziatica o religione) è uno spazio-tempo a sé, ritagliato, separato da quello ordinario. Fin dall’alba dei tempi, l’essere umano ha sempre sentito la forte esigenza di combattere il disperante corso del tempo cronologico “creando” uno spazio e un tempo separati, nei quali poter attuare una comunicazione col “sovrumano” o, se si preferisce, con le parti di sé più nascoste e abitualmente inattingibili.
Il Tempio è il luogo-non luogo dove si può realizzare l’operazione “sacralizzante” data dal Rituale; il Rito massonico è lo strumento che rende sacro quello spazio, separandolo appunto, rendendolo impermeabile e inaccessibile (poiché ermeticamente chiuso) da quello ordinario. Si comprende come, in uno spazio-tempo così dedicato, sospeso, fuori da quello ordinario, è necessario che ogni movimento rituale, ogni flusso energetico, ogni vibrazione rappresentata dalla circolazione della parola di ogni Sorella o Fratello siano regolati e armonizzati: anche questo rientra nelle responsabilità dei due Sorveglianti.
CIRCOLAZIONE DELLA PAROLA E ISTRUZIONE DEL GRADO
Soffermiamoci brevemente sulla circolazione della parola, che in un Tempio massonico è sempre ordinata e misurata, a diversi livelli.
I Sorveglianti siedono alla testa delle due Colonne (ovvero i due lati Nord e Sud del Tempio, ognuno costituito da file di sedie) sui cui scranni sono seduti i vari Fratelli e Sorelle: anche qui tutto è ritualmente ordinato, dal momento che nella Colonna Nord siedono gli Apprendisti mentre nella Colonna Sud prendono posto i Compagni d’Arte (i Maestri possono prendere posto in entrambe). Questa divisione, che ha importanti significati simbolici che ora è impossibile approfondire, deve essere tenuta a mente perché ogni Colonna corrisponde a un Sorvegliante, che ne assume la responsabilità: in particolare, mentre il Primo Sorvegliante “sorveglia” la Colonna del Sud, il Secondo è responsabile di quella del Nord.
Questa responsabilità non consiste soltanto nel concedere la parola (per conto del Venerabile Maestro) a chi la chiede, avendone facoltà, e nel regolarne il flusso nello spazio sacro, ma anche nell’istruire iniziaticamente, nel rispettivo Grado, i Fratelli e Sorelle che nelle Colonne prendono posto: in questo compito, il Primo Sorvegliante ha cura dell’istruzione dei Compagni d’Arte, il Secondo degli Apprendisti.
In cosa consiste un’Istruzione del Grado? Anticamente, ai membri di un’Officina massonica veniva impartito una sorta di insegnamento dei princìpi fondamentali di ogni Grado rituale, necessari per farsi riconoscere come Apprendista, come Compagno d’Arte o come Maestro, in qualsiasi Loggia massonica venisse ricevuto; inoltre, questi princìpi costituivano la base dottrinaria di ogni speculazione esoterica e, cosa fondamentale, venivano rigorosamente impartiti oralmente. Quando vennero messi per iscritto, si privilegiò la struttura viva del dialogo: la tradizione muratoria ci ha tramandato diversi Catechismi (letteralmente, “istruzioni date a voce”) composti da domande e risposte che tuttora vengono studiati, meditati e attuati come proficuo strumento di conoscenza iniziatica e simbolica.
IL SECONDO SORVEGLIANTE, NELLO SPECIFICO.
Se quanto detto finora si può applicare indistintamente a entrambi i Sorveglianti di una Loggia massonica, occorre tratteggiare almeno a linee generali le caratteristiche specifiche del Secondo Sorvegliante in Massoneria.
Questa è una figura cardine per l’Iniziato, in quanto rappresenta la prima figura di Ufficiale con la quale egli si pone gerarchicamente in relazione, una volta ammesso in Massoneria al grado di Apprendista.
Ogni Loggia, essendo una struttura ordinata, possiede una gerarchia iniziatica atta a garantirne, come si è detto, il funzionamento non solo da un punto di vista meramente organizzativo, ma anche e soprattutto su un piano iniziatico ed energetico. Anche qui bisogna fugare i fantasmi che porta con sé l’uso ordinario del termine «gerarchia», intesa abitualmente nel senso di una struttura che irrigidisce, ingabbia o imprigiona; invece, in ogni ambito tradizionale, la gerarchia è una necessità intrinseca, perché su di essa si incardina il principio di conoscenza progressiva promosso da una via iniziatica, che dispone su gradi differenti il percorso di avvicinamento alla Luce della Conoscenza. L’Apprendista di oggi, insomma, è il Maestro di domani; e il programma iniziatico permette di far conoscere per gradi il portato sapienziale della via iniziatica. Quindi la struttura gerarchica, fatta di gradi diversi, è consustanziale alla natura stessa del percorso massonico: la gerarchia non è un semplice strumento amministrativo di governo, bensì una necessaria componente costitutiva.

Un Fratello più esperto spiega a un Apprendista come portare la bavetta del grembiule
Dicevamo che il punto di riferimento gerarchico per il nuovo arrivato, l’Iniziato al Grado di Apprendista, è appunto il Secondo Sorvegliante, che ne ha la responsabilità dal punto di vista della sua Istruzione. Già da questo si comprende quanto il ruolo di Secondo Sorvegliante sia complesso e delicato, proprio perché indirizzato a comprendere e instradare colui che ha appena varcato la porta del Tempio e si trova sbalzato in questo mondo nuovo, fatto di simboli e allegorie, così lontano da quello ordinario da rischiare di spaesarlo e perfino confonderlo. La dimensione della comprensione e dell’ascolto, allora, è una dote fondamentale che il Secondo Sorvegliante dovrà esercitare soprattutto quando si trova ad impartire quella famosa Istruzione iniziatica di cui si è detto.
SECONDO SORVEGLIANTE, CHI PER PRIMO CI GUIDA SUL CAMMINO INIZIATICO
Il mondo ordinario non offre molti esempi edificanti di coerenza, di responsabilità, di decisione, di introspezione e di lavoro profondo dentro di sé: questi sono alcuni degli ambiti sui quali deve esercitarsi il nuovo Apprendista, una volta entrato a percorrere la via iniziatica. La forza di un giuramento, la bellezza della ritualità e della propria ricerca interiore, la saggezza che guida i propri atti, il silenzio che fa maturare qualsiasi parola futura sono princìpi con i quali egli è chiamato da ora in poi a misurarsi costantemente, inesorabilmente: e certo qualcuno potrebbe non sentirsi all’altezza del compito assunto. Ecco quindi che il Secondo Sorvegliante può (e deve) essere capace di guidare con equilibrio, sostenere senza sospingere, comprendere senza giudicare, consigliare senza imporre.
Ma certo, il contraccolpo dalla vita ordinaria a quella iniziatica è inevitabile e forte: per qualcuno perfino insostenibile. Il Secondo Sorvegliante deve fare i conti con questa possibilità quotidianamente, nell’esercizio del suo ruolo: ed è chiamato a un profondo rispetto delle sensibilità individuali, alla comprensione delle difficoltà personali e perfino alla possibilità della rinuncia a proseguire il cammino. La Massoneria è infatti come un grande specchio nel quale ci si guarda nel proprio interno; a volte si vuole smettere di guardare (per paura, per ignavia…). In questi casi, il Secondo Sorvegliante deve saper fare un passo indietro, cosciente però di aver fatto il suo dovere fino in fondo: quello di aver mostrato e fatto comprendere appieno l’importanza e la potenza di quello specchio.
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