Come sanno i nostri lettori più assidui, da un po’ di tempo abbiamo cominciato una serie di pubblicazioni riguardante le Cariche rituali all’interno del Tempio massonico. Nel proporli in lettura non seguiamo un ordine particolare, e dunque non vi è nella successione con cui appaiono in queste pagine un significato simbolico specifico. Dopo aver trattato dell’Elemosiniere-Ospitaliere, e del Secondo Sorvegliante, vediamo oggi le caratteristiche essenziali del Maestro Oratore.
Venerabile Maestro, tutto è giusto e perfetto
Queste sono le parole pronunciate dal Secondo Sorvegliante in chiusura dei lavori a significare che si sono svolti secondo quanto previsto e stabilito dalla Legge massonica raccolta nelle Costituzioni, nei Rituali e nei Regolamenti. Ma c’è un altro Fratello, in Loggia, che ha il grande compito di vigilare affinché tutto si svolga in modo giusto e perfetto, secondo i principi dell’Ordine: questo Fratello è il Maestro Oratore.
Cenni storici sul Maestro Oratore e il suo posto in Loggia
Si tratta di una figura poco presente negli antichi rituali di ambiente inglese, dove portava il nome di chaplain (cappellano) e continua a non esistere nella maggioranza delle logge britanniche. Nella Massoneria francese, invece, compare fra il 1725 e il 1730 ed è diventato una figura molto rilevante all’interno delle Logge di Rito Scozzese a partire dal XIX secolo: egli siede all’Oriente, alla sinistra del Maestro Venerabile, lungo l’allineamento della Colonna del Mezzogiorno, sotto il segno dei Gemelli, porta un collare che ha come gioiello un libro aperto con la scritta «Lex» e si colloca sotto l’astro solare. In altre comunioni massoniche nel gioiello compare, accanto al libro, anche un’immagine del sole, a significare – appunto – la sua funzione illuminatrice dell’intera Loggia.
Non è una “luce” di Loggia, titolo riservato solo al Maestro Venerabile e ai due Sorveglianti, ma è comunque un dignitario a cui vengono affidati compiti molto precisi ed elevati.
Compiti e responsabilità del Maestro Oratore
L’Oratore controlla che tutti i principali atti della Loggia siano regolari ai sensi della normativa massonica, e firma – col Maestro Venerabile e il Segretario – quegli atti e i verbali dei lavori, proclama i risultati delle votazioni e degli scrutini, pronuncia le orazioni ufficiali nelle occasioni rituali solenni e, in particolare, in occasione dell’accoglimento di un profano come massone.
Da queste disposizioni emerge soprattutto la sua funzione di garanzia, che però non è certo solo notarile o genericamente amministrativa. L’Oratore infatti deve avere una cultura e una preparazione massoniche molto spiccate: egli non solo è il garante che tutto, in Tempio, avvenga secondo le regole stabilite e scritte ma anche secondo lo spirito massonico, cioè secondo quel corpus di precetti e, soprattutto, di conoscenze che la Massoneria e l’Ordine di appartenenza hanno accumulato ed elaborato nel corso degli anni e dei secoli, un corpus che l’Oratore deve aver assimilato nel tempo, nella frequentazione assidua dei lavori di Loggia, nella costruzione della sua sensibilità fraterna, culturale e iniziatica.
Non basta infatti vigilare sul rispetto della norma, ma anche sul modo in cui i Fratelli e le Sorelle la vivono: non è sufficiente che una norma massonica sia rispettata nella forma ma deve esserlo nella sostanza. Il Maestro Oratore deve valutare il comportamento dei Fratelli e delle Sorelle in Tempio con amore fraterno e, se lo ritiene necessario, correggerlo con altrettanto amore fraterno, perché il suo compito essenziale è quello di ripristinare l’armonia frantumata, riportare la serenità là dove essa sia stata compromessa, ristabilire cioè giustezza e perfezione quando esse si siano allontanate dai lavori rituali. Un compito talmente elevato che gli consente, unico fra gli ufficiali di Loggia, di correggere o addirittura riprendere il maestro Venerabile se questi viola fondamentali precetti massonici, e può anche chiedere non solo la chiusura di discussioni o interventi inappropriati ma addirittura la sospensione dei lavori qualora ne ravvisi la necessità, e il Maestro Venerabile deve procedere in tal senso.
La Solarità dell’Oratore
La “solarità” del suo incarico si evidenzia proprio in questi elevati poteri: egli deve riportare chiarezza e luminosità in atteggiamenti e comportamenti che possono turbare i lavori in Tempio e oscurarne l’essenza. Vero e grande esercizio di “pedagogia massonica” con cui concorrere, assieme agli altri dignitari, alla costruzione del perfetto massone.
E ancora, questa solarità si esplica nella sua funzione di riassumere, riordinare e chiarificare al termine dei lavori ciò che la Loggia ha espresso con le sue varie voci – che talvolta potrebbero anche essere state discordanti – e ricondurle a unità. Solo dopo che egli ha riepilogato e unificato il senso dei lavori condotti nel Tempio, il Maestro Venerabile può procedere alla loro chiusura. E il senso di un’opera compiuta e perfetta emerge chiaramente dal fatto che a nessuno, dopo le sue conclusioni, è più consentito di prendere la parola su ciò che è stato detto, neppure al Maestro Venerabile.
In questa sua funzione, all’Oratore è poi richiesta una somma virtù, anch’essa connotata dalla solarità: la virtù dell’imparzialità. Poiché nel suo lavoro finale di sintesi egli deve astrarsi dalle sue convinzioni personali, dalle sue passioni, e relegare se stesso quasi in secondo piano sforzandosi, nelle sue conclusioni, di restituire veramente la voce corale della Loggia, e solo quella. Ma egli, in altre occasioni, come nelle orazioni ufficiali, deve invece mettere la passione necessaria, deve saper suscitare il fuoco iniziatico, deve saper esaltare la cultura sapienziale che i nostri padri ci hanno trasmesso, deve saper parlare a tutti con le parole di tutti.
Il consenso del Maestro Oratore è poi necessario perché il verbale della tornata precedente possa essere approvato dalla Loggia, ancora una volta a simboleggiare che ciò che è avvenuto in Tempio ormai è definitivamente consegnato al tempo, ancora una volta scolpito con giustezza e perfezione.
Come ha ben scritto Irène Mainguy, nella sua Simbolica massonica del terzo millennio (Ed. Mediterranee, 2001):
L’Oratore deve rendere tutti partecipi del proprio frammento di conoscenza, simile al libro aperto che simbolicamente gli corrisponde. Ogni persona presente è illuminata dai raggi del sole che egli dispensa. Dopo le conclusioni dell’Oratore, ciascuno dovrebbe essere in grado di scoprire in lui un’idea fino a quel momento non formulata, o porsi una o più domande che possano far progredire la sua riflessione (…) Egli si identifica in tal modo con la coscienza della Loggia.
Ecco, in queste parole sta la sintesi di questa importante figura: una figura che, per alcuni aspetti, è piena di assertività e di forza, come quando svolge la sua funzione di controllo e di indirizzo sui lavori rituali, ma è anche caratterizzata talvolta da una profonda umiltà, come quando deve porsi in secondo piano per dar voce alla coralità dei Fratelli e delle Sorelle o quando esercita il suo compito educativo con amore fraterno, prendendo per mano la Loggia e conducendola attraverso la rigogliosa foresta della sapienza massonica.
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