Se ne va Thich Nhat Hanh ma restano il suo pensiero e le su opere di Fratellanza universale. Era un vietnamita, piccolo di altezza, animato da una discrezione ed una gentilezza derivata da decenni di pratica meditativa. Veniva chiamato familiarmente dagli amici “Thay”.
Ordinato all’età di 16 anni, nella sua lunga vita si era fatto conoscere in tutto il mondo. Si è spento la settimana scorsa nel monastero dove aveva preso i voti, dove era da poco ritornato dopo decenni di esilio. Lo piangono in molti anche perché, oltre che Maestro buddhista era stato molto altro nella vita.
Nato in una città nel centro del Vietnam, durante la guerra si impegnò attivamente a favore della pace e della non-violenza. Infaticabile nella cura di tutte le vittime e nel condannare ogni violenza da qualunque parte arrivasse, fu perseguitato e alla fine esiliato dal regime comunista vietnamita per oltre trent’anni.
Fondò un ordine monastico che senza trascurare la Tradizione buddhista e la personale pratica meditativa contemplava l’impegno sociale e propugnava una partecipazione attiva nel mondo ispirata a principi di Libertà Uguaglianza e compassione per tutti gli uomini. Metteva al centro del suo impegno quella Compassione che noi Massoni comprendiamo nel termine Fratellanza, che si rivolge pacificamente a tutti gli esseri viventi e si sforza di comprendere l’animo degli esseri umani che vivono accanto a noi.
In esilio soggiornò negli USA e poi per decenni visse in Europa, perlopiù in Francia dove fondò il centro Buddhista Plum Village che ha diramazioni in tutto il mondo. Non dimenticò mai l’impegno sociale attivandosi costantemente per l’assistenza ai profughi di tutto il mondo ed in particolare alla gente che fuggiva dal Vietnam nel periodo dei boat people.
Martin Luther King, che conobbe mentre studiava a Princeton negli USA, lo definì «un sorprendente insieme di doti e di interessi». Una profonda amicizia li legò, tanto che quando Luther King vinse il Nobel per la pace, propose Thich Nhat Hanh come candidato per l’anno successivo dicendo «non conosco nessuno più degno del Nobel per la pace di questo gentile monaco buddhista».
Il suo approccio al buddhismo non lo allontanò dunque dal mondo reale, anzi fu uno strumento per immergersi nella vita della società. Era solito applicare nelle condizioni più difficili le tecniche basilari buddhiste della presenza mentale. Insegnò che con l’attenzione meditativa si può trasformare ogni avversità in un’occasione di crescita spirituale.
Consapevolezza del respiro, attenzione sollecita e accettante il momento presente, sono secondo Thich Nhat Hans le indicazioni per vivere in maniera più vera e profonda la vita quotidiana senza doversi isolare in un eremo. «La meditazione – diceva – non è una fuga dalla società, ma è un tornare a noi stessi e vedere quello che succede. Una volta che si è in grado di vedere, ci deve essere azione. Con la consapevolezza sappiamo cosa dobbiamo e non dobbiamo fare per aiutare».
Thich Nhat Hanh insiste nei suoi insegnamenti nello sviluppo della attenzione. Anche vedere è un’azione, un’azione che comincia nell’azione primordiale dell’esistenza: inspirare ed espirare. Il cuore della meditazione da lui insegnata, si basa proprio sul respiro e ci indica che tutto deve essere riportato a questo semplice atto. Una funzione così essenziale a livello fisico della vita, che è anche il centro dal quale si può percepire la realtà fondamentale della esistenza e percorrere la via del risveglio, che si tratti di utilizzare la tradizionale meditazione seduta o la meditazione camminata fatta di passi lenti e misurati.
Nella sua lunga vita approfondì il dialogo con la scienza, la psicanalisi e le altre religioni. Fu autore di centinaia di libri, divulgatore del buddhismo nonché poeta e romanziere. I titoli dei suoi più famosi libri ci danno l’idea del suo principale interesse: Il miracolo della presenza mentale, Essere pace, Spegni il fuoco della rabbia. Quello che maggiormente affascina nella lettura delle opere di Thich Nhat Hanh è la leggerezza e la gioiosa libertà che dona a chiunque le studi. Una apparente semplicità disarmante, frutto di un lungo lavoro di spoliazione di gravami mentali inutili, quelli che noi Massoni chiamiamo «metalli» per dare il senso del peso che portano nella mente e nell’anima.
Aderendo al principio base proclamato dal Buddha storico, scelse questa frase come monito da recitare con periodicità nel suo monastero:
«Non adorerò ciecamente e non mi vincolerò a nessuna dottrina, teoria o ideologia, compreso il buddhismo. Considero ogni sistema di pensiero una guida lungo la via, e non ritengo nessuno di essi la verità assoluta».
Sono le stesse parole che spesso ripetiamo nei nostri Templi massonici. Un altro suo pensiero celebre è questo: «Per meditare dobbiamo essere capaci di sorridere molto». Con questo sorriso la Federazione Italiana del Droit Humain ti ricorderà, piccolo monaco vietnamita, grande uomo e immenso Maestro.