emancipazione femminile e religioneComunicato stampa, emancipazione femminile e religione. Contestazione del diritto all’aborto, messa in discussione del diritto alla contraccezione, la pretesa che le donne coprano il proprio corpo, differenziare i diritti delle donne in base alla loro “cultura di appartenenza”; stiamo assistendo a una messa in discussione del processo di emancipazione delle donne ovunque nel mondo. Questo ritorno del conservatorismo si basa sulle tradizioni più oscure delle religioni ma anche su un certo femminismo woke e sulla accondiscendenza dei politici nei confronti dei gruppi di pressione.

EMANCIPAZIONE FEMMINILE E RELIGIONE: DALLA DIFFERENZA BIOLOGICA ALLA DIFFERENZA SOCIALE PER IL CONTROLLO DELLA MATERNITÀ

Il controllo del corpo delle donne è antico quanto la stessa dominazione maschile, che si concentra interamente su un obiettivo centrale, il controllo della maternità. Questo controllo viene esercitato in modi diversi nelle varie civiltà, ma sempre con l’obiettivo di controllare la sessualità femminile. Le pratiche consuetudinarie delle società più diverse hanno cercato di codificare le modalità di controllo. Quanto alle religioni, in particolare le tre religioni monoteiste, ma non solo, sono servite a sacralizzare i processi di dominio attraverso i quali si esercita il controllo patriarcale. Le religioni e i costumi, strettamente intrecciati tra loro e che si rafforzano a vicenda, hanno così costruito l’apparato normativo del dominio. I tre monoteismi hanno tratto dalla differenza biologica una naturalizzazione e gerarchizzazione della differenza sociale.

Contestare una tradizione retrograda non significa negarne le radici, ma distinguere i registri dell’esistenza evitando di confondere la fedeltà a una cultura con l’asservimento a un potere.

La Federazione italiana del Droit Humain fa suo il comunicato stampa della Federazione Francese, perché per la loro storia e per le loro fondamenta non possono accettare alcuna messa in discussione dell’emancipazione della donna. L’ideale universalistico che ci motiva non può essere accolto da richieste identitarie volte a sottomettere il corpo delle donne.

Come ha sottolineato la nostra fondatrice Maria Deraismes quasi un secolo e mezzo fa:

«L’inferiorità della donna non è un fatto di natura, è un’invenzione umana, una finzione sociale».