27 gennaio: ricordiamo la Shoah. Mentre la storia è pietra, la memoria è più simile a una tavola di legno. Inciderla una volta non basta per vincere il tempo. Celebrare una ricorrenza non è solo un’abitudine ma un’incisione nuova, che ricalca la precedente, fino a quando il legno si sarà fossilizzato, pietrificato, fino a quando, per quanto annerito dalla traccia di morte che ingloba, potrà essere usato anch’esso come una pietra per la costruzione di una consapevolezza stabile. Affinché i ricordi diventino memoria, affinché cioè l’esperienza delle vittime diventi esperienza dei posteri, è necessario che l’incisione resti chiara, pulita, evidente. Con i suoi 130 anni di storia, la Massoneria internazionale del Droit Humain partecipa a questo lavoro. Con i suoi 130 anni di vita, era presente al tempo dello sterminio degli Ebrei e di tutti coloro che perirono. Il suo pirografo – la punta incandescente che incide il legno, che incide la memoria – è l’amore immortale per l’Umanità sofferente. Con gli occhi bassi mentre lavora, rivede bambini, donne, uomini di ogni etnia e fede religiosa massacrati per la sola colpa di essere sé stessi. Rivede i Fratelli e le Sorelle deportati per il solo fatto di essere Massoni, pensatori liberi di amare e progettare un mondo senza discriminazioni.

Il 27 gennaio si celebra in tutto il mondo la Giornata della Memoria. Le commemorazioni per ricordare l’Olocausto, lo sterminio degli ebrei, di avversari politici e di altre minoranze etniche a opera del regime nazista (e dei suoi alleati) che tra il 1933 e il 1945 fece tra 15 e 17 milioni di vittime. Di questi tra cinque e sei milioni erano ebrei. A designare la data la risoluzione 60/7 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del primo novembre 2005.

27 gennaio: una data per non dimenticare

La Giornata della Memoria – in cui si ricordano le vittime dell’Olocausto, del nazismo e del fascismo – si celebra in una data che non è stata scelta a caso: ha un senso, una storia, celebra un evento.

Era il 27 gennaio del 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono nei pressi della città polacca di Auschwitz  scoprendo l’enorme campo di concentramento e sterminio utilizzato nel corso del genocidio nazista: quel giorno, verso mezzogiorno, le prime truppe sovietiche del generale Viktor Kurockin entrarono ad Auschwitz e trovarono circa 7.000 prigionieri che erano stati lasciati nel campo. Molti erano bambini e una cinquantina di loro aveva meno di otto anni. Erano sopravvissuti perché erano stati usati come cavie per la ricerca medica.

La scelta dell’Italia

Abbiamo ricordato che la data del Giorno della Memoria è stata designata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite il primo novembre 2005, in seguito alle celebrazioni del sessantesimo anniversario della liberazione dei lager nazisti.

L’Onu ha istituito questa ricorrenza per tutti gli Stati membri, ma in Italia questa giornata era già realtà grazie a una normativa dal 2000. L’ articolo 1 della Legge istitutiva del 20 luglio 2000 così definisce le finalità del Giorno della Memoria. Non fa male ricordarlo:

La  Repubblica  italiana  riconosce  il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento  dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al  fine  di  ricordare  la  Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi  razziali,  la  persecuzione  italiana dei cittadini ebrei, gli italiani  che  hanno  subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché  coloro  che,  anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti  al  progetto  di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati ”.

27 gennaio: il senso di una data

“Quel che è accaduto non può essere cancellato, ma si può impedire che accada di nuovo”. Nelle parole di Anna Frank è racchiuso il senso del Giorno della Memoria.

La data della liberazione di Auschwitz è raccontata da Primo Levi in La tregua. Nella sola “fabbrica della morte” furono uccisi almeno un milione di prigionieri: uomini, donne, bambini. Quasi tutti ebrei. Ma anche polacchi, Rom, Sinti, prigionieri di guerra sovietici, testimoni di Geova e altri nemici della Germania di Hitler.

In Italia il Giorno della Memoria è nato cinque anni prima rispetto alla ricorrenza internazionale proclamata dalle Nazioni Unite. La data scelta dal Parlamento italiano per ricordare per sempre le vittime della Shoah fu la stessa: il 27 gennaio. Il primo Paese a istituire una giornata commemorativa nazionale, il 27 gennaio, fu la Germania, nel 1996.

Il senso di una parola

Il termine Olocausto deriva in origine indicava una forma di sacrificio prevista dal giudaismo. Si parla allora di Shoah. Tuttavia, a partire dalla seconda metà del XX secolo, in seguito agli orrori dei campi di concentramento nazisti, la parola viene usata per definire il genocidio dei cosiddetti “indesiderabili”, ebrei ma non solo. Il terzo Reich aveva un progetto di eliminazione totale che riguardava categorie ben precise: dalle popolazioni delle regioni orientali europee occupate, ritenute “inferiori”, agli oppositori politici, passando per nazioni e gruppi etnici quali rom, sinti, jenisch, gruppi religiosi come i testimoni di Geova e pentecostali, gli omosessuali, i malati di mente e le persone con disabilità, i Massoni.

L’Olocausto provocò circa 15 milioni di morti in totale di cui, secondo le deposizioni di membri delle SS al processo di Norimberga, quasi sei milioni erano ebrei.

La conoscenza come arma

Lo studio della Shoah e degli altri crimini contro l’umanità commessi durante la Seconda guerra mondiale deve avere come finalità, soprattutto per le giovani generazioni, la lotta all’antisemitismo, al razzismo e alla xenofobia, attraverso l’educazione al rispetto della diversità e alla dignità di ogni individuo.

Come affermato da Primo Levi: “Se è accaduto può di nuovo accadere”.

Proprio per questo è utile ricordare che il generale americano Dwight D. Eisenhower (che poi divenne presidente degli Stati Uniti) quando arrivò con i propri uomini nei campi di concentramento, ordinò che fosse scattato il maggior numero di fotografie alle fosse comuni dove giacevano ossa, abiti, corpi scomposti scheletrici. Voleva che tutto fosse documentato: le baracche, il filo spinato, i forni crematori, le  divise, le torri di controllo, le armi, gli strumenti di tortura. Tutto. Eisenhower pretese anche che fossero condotti presso i campi di concentramento tutti gli abitanti tedeschi delle vicine città per vedere la realtà dei fatti. E poi spiegò: Che si abbia il massimo della documentazione possibile, che siano registrazioni filmate, fotografie, testimonianze, perché arriverà un giorno in cui qualche idiota si alzerà e dirà che tutto questo non è mai successo”.

Per l'immagine: Monumento 
a Janus Korczak, notevole 
pedagogista e membro 
del Droit Humain, 
deportato e ucciso 
nel campo di Treblinka.