Aprile è il mese più crudele, genera lillà dalla terra morta, mescola memoria e desiderio, desta radici sopite con pioggia di primavera. L’inverno ci tenne al caldo, coprendo la terra di neve immemore…
Con queste parole Thomas Eliot apre la sua Waste Land. Sono versi che parlano di risveglio, ma anche del tepore della terra buia, del sonno nel quale pigramente rischiamo di attardarci, trovandolo più confortevole ai nostri limiti.
Il risveglio, che la natura non vuole sia per noi così flebile da farci ricadere nel sonno, si è andato schiudendosi del tutto sotto l’influsso della luce crescente.
Così la primavera esorta la natura a destarsi, e vale per tutte le creature, essere umano compreso. Ora la luce irradia il mondo, ne ridisegna i confini, individualizza ed esalta le forme. Luce che è andata crescendo dal primo istante successivo al Solstizio d’inverno, come una veglia su di noi per opera del grande rituale cosmico. Ha attraversato le stagioni dando principio a quel risveglio, e giunge oggi, 21 giugno, all’apice della sua evidenza. Ci chiede di osservarlo pienamente, con consapevolezza, cioè col fare entrare la luce in noi.
L’invito è all’azione, all’espressione di noi stessi, alla fioritura dei gesti, è di prendere parte al coro della manifestazione, di gioire dell’ambiente, di prendere parte alla danza dell’osservabile e del tangibile. È il momento della coordinazione del pensiero con la mano, a essere operosi senza indugi.
Il nostro modo di generare energia è quello della dinamo. Ora il movimento, nostro alleato, ci mette in condizione di rigenerarci in un nuovo slancio vitale. La luce vince sulle tenebre, la forza e il vigore vincono sulla stanchezza. È un nuovo inizio, un’occasione per abbandonare ciò che è inutile, superfluo; gettiamo il carico interiore fatto di aspettative mancate, di pensieri nati dalla staticità. Lasciamo cadere le animosità, i non detti, i tentativi di espressioni e parole che non sono all’altezza della nuova luce. Ora il fuoco anima ogni cosa, incendia e brucia tutto ciò che c’è di imperfetto. Abbracciamolo nella sua severa vitalità, con gioia, con giubilo, con gratitudine. Cogliamo questo nutrimento diffuso in tutto il creato senza ripensamenti. Osiamo, come la natura, rigenerarci! Con la natura stipulando una rinnovata alleanza, assaporiamone il nuovo e l’inedito.
Le tenebre torneranno, tornerà la necessità del tepore della terra, ma se avremo ben lavorato alla luce che ora scalda, illumina e ci dona nuovi desideri, la terra buia non sarà morta, il silenzio nel cuore della terra non sarà solitudine ma raccoglimento, il sonno stesso sarà riposo e non oblio, il ghiaccio sarà per noi uno specchio, la memoria mai più nostalgia ma ricordo che tutto è soggetto alla rigenerazione, noi stessi lo siamo, e di nuovo risorgeremo.