Massoneria e integrazione. A seguito della scomparsa e della morte di Saman Abbas e di Adil Belakhdim, si impone una riflessione sull’integrazione reale, decisiva per le sorti del nostro Paese e dei cittadini e cittadine tutti. Ben oltre le ragioni istintive di accogliere o meno gli stranieri, ben al di là degli schieramenti, è arrivato il momento di abbandonare le concezioni basate sull’irrazionalità e costruire il futuro, che è lo stesso per tutti.
CHI VIVE I VALORI FONDANTI DELLA NOSTRA CIVILTÀ? PIÙ CHE MAI CI PROVANO I RAGAZZI ITALIANI DI SECONDA GENERAZIONE, MA VENGONO UCCISI.
Saman Abbas aveva 16 anni ed era innamorata. Voleva vivere il suo amore secondo coscienza, nella libertà e nell’intimità di ogni amore pulito, sentito, stabilendo con la persona amata il codice interiore che le avrebbe unite. Nulla di più giusto, ciò che per la nostra cultura – viene da dire – è quanto di più comprensibile. Ma se la cultura non è solo retaggio, e invece qualcosa che consideriamo necessario per istruire il futuro del nostro paese e della nostra collettività, è chiaro che dobbiamo parlare tanto della responsabilità personale di chi l’ha uccisa quanto della responsabilità di noi tutti come società, perché ancora non lavoriamo abbastanza per una reale integrazione.
Tropo spesso l’integrazione è vista come l’accogliere indiscriminato, un’idea assai semplificata del vivere insieme che non può che portare a grandi schieramenti in contrasto tra loro, entrambi poco realistici e affatto costruttivi, e ancora una volta ci vede divisi in buoni e cattivi. Tanto chi sente ovvie dentro di sé le ragioni per accogliere, quanto chi sente ovvie le ragioni per non farlo, sono espressione di concezioni che provengono dall’essere umano, ma certamente entrambi sono assai poco razionali. Nell’ovvietà si annida tutto ciò che non sappiamo e che abbiamo il dovere urgentissimo di portare alla conoscenza e alla consapevolezza.
L’INTEGRAZIONE RIGUARDA TUTTI, O NON È.
L’integrazione deve consistere, piuttosto, in un’operazione immane, sottile, ragionatissima, di pedagogia applicata quotidianamente. Dovere e Diritto devono davvero fiorire insieme, in ciascun individuo, e deve avvenire contemporaneamente nel cittadino autoctono come in quello che non lo è. Tecnicamente parlando, sarà integrato solo colui e colei che assista alla nascita di una nuova codifica dei valori o dei continui rimodellamenti dei valori, che avvengono ogni giorno nelle strade, nella lingua, nelle scuole, sul posto di lavoro, nelle famiglie e nelle istituzioni dello Stato. Per dirla meglio, nel caso non fosse chiaro: anche il cittadino autoctono deve essere integrato. La collettività stessa, è bene ricordarlo, non esiste finché non funziona come tale, cioè con regole condivise e nella distribuzione in ciascun individuo dello stesso grado di partecipazione e lo stesso accesso alle possibilità. Se quest’ultimo concetto viene espresso di frequente, ciò che non si aggiunge abbastanza è che migliorarsi è da parte dell’individuo un dovere per ottemperare al bene collettivo oltre che per sé stesso. Almeno, questo è quanto dovrebbe chiedergli di fare una nazione libera e democratica.
L’UOMO È BEN LONTANO DALL’ESSERE REALIZZATO, ANCHE IN CASA SUA.
Chi chiede accoglimento agli stranieri non considera che sono stranieri in patria gli stessi italiani di prima generazione, appunto gli autoctoni. Chi esclude l’accoglienza, non tiene conto che siamo tutti nella stessa barca, quella dell’umanità e, fuor di retorica, altro non vuol dire che a prescindere da differenze ereditate dalla terra d’origine, siamo tutti lontani dalla qualità di civilizzazione a cui possiamo e dobbiamo arrivare.
Noi crediamo che non abbia alcun senso trarre osservazioni di tipo morale o raccogliere dati da certe tragedie se poi non li si utilizza per la costruzione reale della nostra società. Alla tragedia dovuta alla perdita di una vita umana, già assurda oltre ogni limite concepibile, rischiamo di aprire le porte all’unica tragedia che può superarla in misura e grandezza, ed è che un’altra ragazza – e la donna che in essa era contenuta – siano morte senza che noi si possa trarne una lezione e dunque un’azione che incida sulla realtà e la migliori. È ora di mettere a frutto entrambe le sensibilità che normalmente portano a quegli schieramenti che abbiamo detto, perché siamo assolutamente certi che nel cuore di tutti noi, tutti noi nessuno escluso, la morte di Saman sia la prova terrificante del fatto che l’essere umano sia tutt’altro che realizzato e debba invece migliorarsi pesantemente.
L’ENNESIMA TRAGEDIA LEGATA AL LAVORO
E poi c’è Adil Belakhdim, un italiano di seconda generazione che lavorava tanto all’interno dell’azienda che intorno ad essa, ma sempre all’interno delle relazioni umane, il solo confine entro cui si gioca il valore tanto dello sviluppo che del progresso. È stato ucciso mentre difendeva i diritti e i doveri dei lavoratori. È stato ucciso mentre utilizzava gli strumenti che all’apice della sua evoluzione proprio la nostra civiltà ha creato e che per prima sembra aver dimenticato.
Un’altra tragedia, l’ennesima, sul posto di lavoro (è posto di lavoro anche il luogo della protesta non violenta). Le meschine politiche neoliberiste hanno svuotato di peso e di senso i contratti di lavoro, e all’indebolimento dei sindacati e di ogni forma di aggregazione intelligente strategicamente portato avanti dalle medesime politiche per decenni, in Italia e non solo, si aggiunge una globalizzazione di cui siamo tutt’altro che padroni. Anche qui, c’è la responsabilità dell’assassino e poi la nostra, come società. Torniamo a quanto detto sopra. Nessuno è integrato veramente, nessuno è davvero alla guida della propria vita e tutti dipendiamo da forze che possono essere affrontate e modificate solo se si lavora insieme. Parallelamente alla morte di Adil, ci sono troppe morti sul lavoro, le cosiddette morti bianche, come non ci fosse un vero responsabile. Di bianco non hanno nulla, sono anzi l’aspetto più oscuro di una civiltà che illusoriamente crede di vivere l’ultima ora della storia e invece sprofonda nell’ora più buia e arcaica ed è cieca totalmente.
Se non vediamo in questo una modalità di superstiziosa e ignorante visione della vita, grave quanto quella dei familiari di Saman, siamo degli idioti. Le differenze sono per così dire formali. La nostra civiltà uccide i suoi figli nell’ambiguità della folla massificata, industrializzata; in altri paesi uccide nell’ambiguità dei codici familiari – salvo poi vedere affiorare radici comuni perverse e invertite: femminicidi da parte di aguzzini in famiglia anche da noi, attentati terroristici da parte di fanatici sedicenti islamisti. Si comprende come, non a caso parlando di radici, tutti stiamo vivendo con la testa sottoterra.
MASSONERIA E INTEGRAZIONE, OVVERO “LE DROIT HUMAIN”
L’integrazione, per quanto detto, deve essere operata capillarmente in ogni ambito del vivere, trasversalmente. Ognuno deve fare la sua parte per emanciparsi ed emancipare. Ogni organizzazione, associazione, istituzione, ogni forma e struttura deve farlo con i suoi mezzi. Questo lo affermiamo con rigore. Certo non possiamo di contro eseguire una verifica di ciò, poiché non vogliamo entrare – né potremmo – nei codici di ogni gruppo e organizzazione. Per questa ragione, oltre questa proposta che riguarda tutti, di intenderci reciprocamente sul da farsi, la Federazione italiana dell’O.M.M.I. LE DROIT HUMAIN, al pari di qualsiasi altra organizzazione libera, non si limita a esprimere le considerazioni presenti in questo articolo, ma opera con i suoi mezzi e le sue modalità. Per noi integrazione vuol dire accogliere nei Templi, nella Ritualità, tutti i cittadini e le cittadine che condividono il dovere, oltre che il diritto di ognuno di partecipare alla vita collettiva. Le porte del Tempio sono aperte tanto agli italiani di prima generazione, che delle successive. Se così è da sempre nei regolamenti di ogni Massoneria, e nel Droit Humain lo è effettivamente da tempo, a maggior ragione trova adesso un ampliamento e un’intensificazione ulteriori.
UN APPELLO RIVOLTO A TUTTI COLORO CHE CERCANO LA VERA INTEGRAZIONE
Il nostro appello si rivolge a tutti. A chi è nato in Italia da genitori autoctoni, a chi è nato in Italia da genitori emigrati, a chi emigra oggi e si affaccia per la prima volta alla nostra realtà: non consideratevi mai integrati abbastanza, non consideratevi integrati finché non avrete accesso alle tradizioni profonde dei Paesi in cui vivete, finché non avrete accesso a quei luoghi deputati al reciproco confronto che in seno all’Occidente perdurano da secoli, proprio come la Massoneria. Pretendete di essere integrati, prima di tutto pretendetelo da voi stessi. La vostra individualità e i valori migliori della vostra civiltà di appartenenza verranno rispettati e onorati, ma anche posti al vaglio dell’onestà intellettuale che vi si chiede. A quel punto, se sono gli strumenti che vi servono e che desiderate, bussate e vi sarà aperto.
I nostri Fondatori – Domande sulla Massoneria – Podcast: la voce dei Massoni.
Massoni celebri del nostro Ordine – Caratteristiche del nostro Ordine – Le Droit Humain su Wikipedia